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La Voce 45 del (nuovo)Partito comunista italiano
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Il Partito clandestino
Il Partito comunista è il fattore decisivo dello sviluppo
della rivoluzione socialista e del suo successo, in altre parole dello sviluppo
della Guerra Popolare Rivoluzionaria e della sua vittoria. È anche il fattore
più difficile da costruire, quello la cui costruzione è più incerta, perché in
definitiva è affidata non alle condizioni create dal processo storico (che già
sono date), non è un prodotto spontaneo del processo storico, ma è
affidato alla volontà e all’intelligenza degli individui che lo costituiscono e
ne fanno parte, vi militano, ne fanno ognuno l’impegno della propria vita. È il
campo in cui nei più che 150 anni trascorsi dalla fondazione del movimento
comunista, i comunisti dei paesi imperialisti non sono ancora riusciti ad
arrivare a risultati decisivi: è per questo che in questi anni l’umanità si
dibatte nel gorgo senza fondo della seconda crisi generale del capitalismo.
La società borghese ha creato le condizioni per cui la storia
dell’umanità può e deve diventare il risultato dell’attività consapevole
della massa degli uomini e delle donne che la compongono. Questa è la svolta
epocale a cui la rivoluzione socialista dà inizio. Questa svolta si realizza
per l’azione della classe operaia e delle masse popolari organizzate e animate
dalla concezione comunista del mondo. Ma nella società borghese né le masse
popolari né la operaia sono organizzate e consapevoli. È grazie all’azione del
partito comunista che lo diventano. Ma il partito comunista non sorge
spontaneamente. Come quindi si mette in moto il processo? Come sorge il partito
comunista? Cosa lo rende capace della sua missione? Rispondendo a queste
domande, trattiamo della nostra attività.
Nella società borghese alla posizione oggettiva della classe
operaia corrisponde la concezione comunista del mondo (il socialismo
scientifico). Ma chi elabora la concezione comunista del mondo? Parafrasando
Lenin (La “Borba Proletaria”, 24 ottobre 1905) diciamo che la concezione
comunista del mondo è la scienza della società e sorge sulla base dei più
avanzati strumenti di conoscenza accumulati dall’umanità. Quindi la elaborano
gli intellettuali comunisti che hanno i mezzi e il tempo per farlo. Come questa
coscienza penetra nella classe operaia? A questo punto interviene il Partito
comunista (non solo gli intellettuali comunisti) che introduce la coscienza
comunista nel movimento operaio. Cosa vede il Partito comunista quando porta tra
gli operai il comunismo? Trova la tendenza istintiva, generata dall’esperienza,
ad andare verso il comunismo: ad organizzarsi, ad agire come individui
organizzati e consapevoli, a contrapporsi all’andamento degli affari. Insieme
con la classe operaia sorge per necessità dettata dalla sua natura (dalla sua
posizione nella società) la tendenza al comunismo, sia negli operai stessi sia
in coloro che fanno proprio il modo di vedere della classe operaia: così si
spiega il sorgere delle aspirazioni comuniste che il partito comunista rende
consapevoli fino a formare il movimento comunista cosciente e organizzato.
Individui che non vogliono sobbarcarsi agli oneri connessi con
la militanza nel Partito comunista, con l’impresa di portare il comunismo tra
gli operai, ricavano da questo una conclusione risibile: “È quindi chiaro che il
comunismo non viene portato dall’esterno alla classe operaia, ma, al contrario,
esce dalla classe operaia ed entra nei cervelli di coloro che fanno proprie le
concezioni della classe operaia”. Il partito comunista sarebbe il risultato
della crescita spontanea della classe operaia, anziché l’agente cosciente della
trasformazione della classe operaia in soggetto politico trasformatore
dell’umanità. Moltiplicando le lotte e le agitazioni, estendendole e
coordinandole, rendendole più “militanti”, ponendo rivendicazioni più avanzate
si arriverebbe al comunismo. I comunisti sarebbero l’espressione di questo
movimento delle masse, i cantori, i celebratori, i giornalisti, gli esponenti di
questo movimento.
Contro questa posizione si sono battuti all’inizio del secolo
scorso Lenin e i leninisti. Lenin nel 1902 pubblicò il celebre libro Che
fare? (http://www.marxists.org/italiano/lenin/1902/3-chefare/cf-index.htm)
espressamente contro questa concezione che di fatto inficiava tutto il movimento
comunista di allora e che anche sul piano teorico aveva largo corso nella
Seconda Internazionale (ma costringere la destra ad illustrare chiaramente la
sua concezione, era già un notevole passo avanti). Lenin nel Che fare?
del 1902 ovviamente scrive riferendosi alla Russia e al movimento comunista
russo di allora: confuta la posizione del comunismo come movimento spontaneo e
indica cosa nelle circostanze concrete della Russia dell’epoca doveva fare e
quindi come doveva essere il Partito comunista per portare il comunismo agli
operai, vale a dire per far sorgere il movimento comunista cosciente e
organizzato. Chi oggi da noi studia il Che fare? di Lenin, deve tradurlo
nella “lingua” del movimento comunista del nostro paese e del nostro tempo.
Cosa vuol dire portare il comunismo agli operai? Portare gli
operai a condurre la lotta che li contrappone alla classe dominante e in
particolare ai capitalisti, nel modo e secondo i principi della concezione
comunista del mondo anche se loro non l’hanno ancora studiata, portare nella
lotta pratica degli operai l’orientamento che viene dalla concezione comunista
del mondo che noi comunisti abbiamo assimilato, fare di questa la guida della
lotta di classe degli operai: in concreto portare gli operai a porsi come classe
dirigente delle masse popolari, a lottare per instaurare la propria direzione,
il proprio potere sull’intero paese, eliminando il potere della borghesia e del
clero, la Repubblica Pontificia. Quello che fa il Partito non è quindi solamente
né principalmente una scuola nel senso tradizionale del termine; non è neanche
principalmente propaganda della concezione comunista del mondo. È anche questo
ma anche molto di più: è orientamento complessivo della lotta degli operai.
L’obiettivo principale non è cambiare le idee degli operai, ma cambiare la loro
attività. Le caratteristiche del Partito e i mezzi che deve darsi discendono da
questo suo compito e dalle condizioni sociali generali in cui lo deve svolgere.
Quanto al Partito, esso è quindi l’organo che elabora la
concezione comunista del mondo e che la applica facendone l’orientamento della
lotta della classe operaia. Il Partito fa diventare reale quello che nella
condizione della classe operaia è solo potenziale e che senza l’opera specifica
del Partito non diventerebbe reale. Il terreno fertile c’era, ma solo grazie
all’opera del contadino produce il frutti. Le classi sfruttate e i popoli
oppressi si agitavano, ma solo grazie al Partito comunista diventano un
movimento che crea il nuovo mondo, diventano il nuovo potere.
Manchette
Il Partito e la GPR
Il Partito deve promuove la guerra popolare rivoluzionaria contro
la Repubblica Pontificia per instaurare il socialismo.
Nel suo lavoro verso individui, gruppi, organismi e movimenti, il
Partito non deve tener conto principalmente (e tanto meno esclusivamente) di
quello che dicono, di quello che pensano di sé, di quello che credono di fare.
Di questo deve tener conto solo in seconda istanza e soprattutto deve capire in
che senso la coscienza di ciascuno evolve e perché. Nell’immediato il Partito
deve tener principalmente conto del ruolo che effettivamente esercitano sul
corso delle cose nel contesto concreto in cui operano, di come il Partito è
capace di valorizzare la loro attività, di cosa il Partito è capace di portarli
a fare.
Ma cosa rende il Partito capace di comprendere, di valorizzare e di
far fare? La capacità del Partito dipende dal livello a cui ha assimilato il
materialismo dialettico e lo usa come metodo per comprendere e metodo per
trasformare. Il Partito, ogni organismo e ogni suo membro del Partito assimilano
il materialismo dialettico e imparano ad usarlo nel conoscere (nel fare
inchiesta e nell’elaborare i risultati dell’inchiesta propria e di altri) e nel
trasformare (individuare linee d’azione, definire e assegnare compiti,
predisporre i mezzi necessari per attuarli, infondere slancio in chi li deve
attuare, sostenere il suo sforzo, ecc.) con la formazione, nel dibattito delle
istanze del Partito, con lo studio, nel processo di CAT, con l’esperienza:
provando e correggendo.
Se la coscienza degli individui, gruppi, organismi e movimenti di
cui il Partito deve valorizzare l’azione non è l’elemento più importante, la
coscienza dei membri del Partito, dei suoi organismi e del Partito nel suo
complesso è invece il fattore decisivo del successo della GPR.
Il fattore che decide dello sviluppo e della vittoria della
GPR è l’esistenza di un Partito comunista all’altezza dei suoi compiti. Il
motivo principale e decisivo per cui durante la prima ondata della rivoluzione
proletaria, in Russia la rivoluzione trionfò e non trionfò invece in nessun
altro paese dell’Europa e dell’America del Nord, dove pure nell’ambito della
Seconda Internazionale (1889-1914) si erano formati grandi partiti socialisti, è
che in nessuno di questi paesi il Partito si era sviluppato fino ad essere
all’altezza dei suoi compiti. Solo in Russia esso aveva invece acquisito le
caratteristiche che lo resero adeguato ai suoi compiti. Per questo il leninismo
non è un progresso solamente russo, ma la seconda tappa del pensiero comunista,
dopo il marxismo, come Stalin ha magistralmente illustrato nelle sue lezioni del
1924: Principi del leninismo (http://www.resistenze.org/sito/ma/di/cl/madcpl.htm).
Potrei dire che di tutti i fattori che concorrono a sviluppare
e rendere vittoriosa la rivoluzione socialista nel nostro paese, oggi il Partito
è quello più arretrato rispetto a quello che deve essere, quello che ancora
esiste solo in fase primitiva, quello il cui sviluppo condiziona tutto il resto,
il collo di bottiglia. Ed è quello che dipende da noi costruire, che potrebbe
non arrivare mai alla pienezza delle sue caratteristiche e all’altezza del suo
compito se non siamo capaci di portarvelo. La costruzione del Partito, la
caratteristiche che deve avere, come devono essere selezionati e formati i suoi
membri, di quali organi deve essere composto, quale linea deve avere, quali
devono essere i metodi e gli strumenti dell’azione che deve condurre, quali
devono essere le relazioni del Partito e le organizzazioni di massa e le masse
popolari, insomma la concezione del Partito è e deve essere il centro
dell’attenzione, delle ricerche e della sperimentazione dei comunisti, degli
individui che hanno assimilato la concezione comunista del mondo, di noi membri
del nPCI.
Quando a partire dal 1919 la prima Internazionale Comunista si
pose il compito di far trionfare la rivoluzione socialista in Europa, quello su
cui concentrò la sua attenzione fu la costituzione di partiti votati a fare la
rivoluzione socialista e le caratteristiche che essi dovevano avere per
adempiere ai loro compiti ognuno nel rispettivo paese. Ed è anche il compito in
cui la prima IC fallì, per precisi motivi (1)
a cui Lenin accenna in termini generali nel 1922 nel IV congresso della IC
(http://www.resistenze.org/sito/ma/di/cl/mdclal28-007708.htm). È il compito di
cui per quanto riguarda il nostro paese si è occupato a fondo A. Gramsci. È il
compito di cui i fondatori del nuovo Partito comunista italiano si sono occupati
a partire da quando fu palese il fallimento del tentativo di ricostruire il
Partito comunista messo in opera dalle Brigate Rosse negli anni ’70. La rivista
Rapporti Sociali (fondata nel 1985) prima e poi la rivista La Voce
(fondata nel 1999) sono la testimonianza letteraria di tale lavoro.
1.
In proposito vedasi, oltre al Manifesto Programma del nuovo PCI,
l’articolo di Ernesto V. Il ruolo storico dell’Internazionale Comunista - Le
conquiste e i limiti, in La Voce n. 2 giugno 1999, pagg. 31-37
Sul Partito ho letto recentemente, in uno dei lodevoli
tentativi di fare un bilancio delle mobilitazioni del 18 e 19 ottobre a Roma (Continuons
le combat. Dopo il 18 e 19 ottobre. Partito e organizzazione di massa,
articolo del Collettivo “Noi saremo tutto” di Genova, 28 ottobre 2013
(http://www.militant-blog.org/?p=9849)), le seguenti proposizioni che
nell’intenzione dell’autore dovrebbero tranquillizzare chi è inquieto perché
avverte la mancanza del Partito.
“Nessuna
forza organizzata poteva vantare un ruolo egemone nelle mobilitazioni. Il che
non deve stupire. L’organizzazione politica, il Partito, non è qualcosa che può
darsi attraverso un artifizio. Il Partito è ed è sempre stato il frutto di un
processo storico. È un’operazione “materiale” che non può essere elusa
attraverso sommatorie posticce di ceti politici in via di esaurimento o tramite
la rimessa in circolo di qualche vestale del credo comunista.
Il Partito è sempre il frutto di una condizione
materiale storicamente determinata che dalle masse torna alle masse. Parte
cosciente della classe, il Partito, non può che vivere in unità dialettica con
questa. Tutto il resto, dal trasformismo bertinottiano al dogmatismo
bordighista, è pura schermaglia intellettualistica esterna ed estranea alla
materialità della lotta di classe. La forma Partito e lo stesso suo programma
non possono essere altro che la sintesi delle contraddizioni di classe e delle
contraddizioni di una determinata fase di un modo di produzione storicamente
determinato. Il programma e la tattica del Partito sono obbligati, pena
l’archiviazione nel museo della Storia, a misurarsi costantemente con il
divenire.”
Leggendo queste frasi, mi veniva in mente un brano dello
scritto Dobbiamo organizzare la rivoluzione? (21 febbraio 1905 – Opere
complete vol. 8 (http://www.nuovopci.it/classic/lenin/doborgrv.htm) che
Lenin ha pubblicato nel periodo in cui era nel suo pieno la lotta contro le
teorie dell’organizzazione-processo e della tattica-processo che i menscevichi
contrapponevano al centralismo democratico e al piano rivoluzionario di Lenin e
dei bolscevichi.
““Organizzare
la rivoluzione!” Eppure, c’è l’acuto compagno Martynov, il quale sa bene che la
rivoluzione è determinata da un rivolgimento nei rapporti sociali e non può
farsi su ordinazione. Martynov spiegherà a Parvus
[un menscevico che, sull’onda dell’emozione suscitata dalla “domenica di sangue”
del 9 gennaio 1905 quando le truppe zariste avevano represso con il massacro di
centinaia di manifestanti la dimostrazione dei proletari di Pietroburgo promossa
dal prete Gapon, aveva rilanciato sull’Iskra, allora giornale dei
menscevichi, la parola d’ordine già lanciata dai bolscevichi Organizzare la
rivoluzione, ndr] il suo errore e gli mostrerà che, anche se il suo
accenno riguarda la necessità di organizzare l’avanguardia rivoluzionaria, si
tratta di una “ristretta” e nefasta idea “giacobina”. E così via. In effetti il
nostro acuto Martynov si trascina dietro con una cordicella Triapickin-Martov,
che sa approfondire meglio il suo maestro e alla parola d’ordine di “organizzare
la rivoluzione” può forse sostituire quella di “scatenare la rivoluzione”
(vedi Iskra n. 85 - il corsivo è dell’autore).
Sì, lettore, proprio questa parola d’ordine ci è
stata data dall’editoriale dell’Iskra. Evidentemente, al giorno d’oggi
basta “scatenare” la lingua, per una libera chiacchierata-processo o per un
processo di chiacchiere, per scrivere editoriali. Un opportunista ha sempre
bisogno di parole d’ordine in cui un esame approfondito rivela soltanto parole
altisonanti, arzigogoli verbali decadenti.
Organizzare e organizzare, afferma con insistenza
Parvus, come se d’un tratto fosse diventato bolscevico. E non capisce -
poverino! - che l’organizzazione è un processo (Iskra
n. 85, nonché tutti i precedenti numeri della nuova Iskra e, in
particolare, i retorici feuilletons della retorica Rosa [Luxemburg]). Non sa,
poverino, che secondo lo spirito del materialismo dialettico non solo
l’organizzazione, ma anche la tattica è un processo. Così, alla pari di un
“cospiratore”, rimugina l’organizzazione-piano. Alla pari di un “utopista”
immagina che si possa così, in modo subitaneo, in qualche, dio ce ne scampi,
secondo o terzo congresso, “organizzare” tutto di punto in bianco.”
Gli operai
(2) e il resto dei proletari e delle masse popolari italiane soffrono
atrocemente della debolezza del Partito comunista. La lotta di classe risente in
tutti gli aspetti della debolezza dell’organismo che, grazie a una comprensione
più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di
classe, la deve spingere in avanti fino a conquistare il potere. Senza Partito
comunista all’altezza dei suoi compiti gli operai, nonostante le condizioni
oggettive che fanno di essi la classe che può dirigere il resto dei proletari e
delle masse popolari della società borghese a instaurare il socialismo, la sola
che lo può fare, non riescono ad andare oltre un livello elementare di
organizzazione e di lotta. In questo contesto, in cui il problema principale è
come fare a consolidare e rafforzare un simile Partito nella situazione concreta
in cui ci troviamo ad affrontare questo compito, il Collettivo “Noi saremo
tutto” di Genova si limita a spiegarci che il materialismo dialettico insegna
... quello che insegna in ogni paese e che insegnava anche cento cinquanta e
cento anni fa: che il Partito comunista è espressione di un processo storico e
nasce sulla base di determinate condizioni storiche. Certo è indispensabile
conoscere e riconoscere queste verità del materialismo dialettico, per non
scervellarsi sui motivi per cui non si è formato un Partito comunista (nel senso
attuale del termine) nell’antica Roma o in altre condizioni storiche in cui il
superamento della società borghese non era all’ordine del giorno. Ma il nostro
problema è quale è la linea da seguire qui e oggi per consolidare e rafforzare
(altri dicano pure costruire) il Partito comunista e quali devono essere le
caratteristiche che questo partito deve avere per essere all’altezza dei suoi
compiti.
2.
In Italia in aziende capitaliste oggi lavorano ancora milioni di operai, più di
quanti ce n’erano alla fine della Seconda guerra mondiale (1945) o durante il
biennio rosso (1919-1920). Essi sono una percentuale del complesso dei proletari
molto più alta di quella costituita dagli operai tra le masse popolari russe nel
1917. Quando nel rafforzamento del Partito comunista avremo raggiunto un certo
livello, essi ridiventeranno soggetto politico, “figura sociale trainante”,
“figura sociale centrale” anche se il Collettivo “Noi saremo tutto” di Genova si
ostina a sostenere che sono “una quota assolutamente minima se non irrisoria”
dei proletari e che non sono più in grado di guidare gli altri proletari a
conquistare ... “un contratto minimamente decente”: perché questa è la massima
conquista a cui pensa il Collettivo “Noi saremo tutto” di Genova! - le citazioni
sono tratte dallo stesso bilancio citato nel testo.
Questo dobbiamo spiegare a tutti quelli che si dicono
comunisti, a quelli che vogliono essere comunisti, con l’obiettivo di farli
diventare comunisti, quindi reclutarli. A loro dobbiamo spiegare, visto che già
si pongono il problema, quindi partendo dall’interno (mostrando l’inconsistenza
della loro posizione, il suo contrasto con l’esperienza), che il Partito è
e deve essere in primo luogo l’organismo che elabora la concezione comunista del
mondo e che la assimila usandola come strumento per orientare l’attività della
classe operaia. Solo in questo senso è un partito di classe, il partito della
classe operaia, non nel senso in cui intendono questa parola d’ordine i
trotzkisti (FalceMartello ne ha fatto la sintesi del documento con cui partecipa
al congresso del PRC il prossimo dicembre) e quanti altri pensano che
caratteristica essenziale e sufficiente del Partito comunista è essere
costituito da operai o avere seguito e prestigio tra gli operai o essere
credibile o essere composto solo da uomini onesti.
In secondo luogo, per adempiere al suo compito il Partito
comunista deve avere confini e struttura ben definiti. Il Partito è una
struttura gerarchicamente ordinata di organismi (Comitati di Partito e
Commissioni di Lavoro) ognuno dei quali ha una composizione definita: non ci
deve essere via di mezzo. Ogni organismo è composto solo da membri e candidati,
ognuno con ruoli e compiti definiti. Ogni organismo ha un compito definito e
tutti gli organismi fanno capo al Comitato Centrale del Partito. Il centralismo
democratico è l’insieme di principi che regolano il funzionamento del Partito e
il congresso del Partito e dei suoi organismi lo traduce in regole e norme
concrete. La lotta tra le due linee nel Partito e il processo di CAT (il Partito
e ogni suo membro come oggetto oltre che soggetto della rivoluzione e quindi
protagonista dei processi di Critica-Autocritica-Trasformazione) sono due linee
di funzionamento della vita interna del Partito.(3)
3.
La lotta tra le due linee nel Partito e la CAT (il partito e ogni suo membro è
oggetto della rivoluzione oltre che esserne soggetto) sono due dei principali
apporti del maoismo al pensiero comunista. Per il primo rinvio all’articolo
L’ottava discriminante - Sulla questione del maoismo terza superiore tappa del
pensiero comunista, dopo il marxismo e il leninismo (in La Voce n. 10
marzo 2002 pagg. 19-22, (http://www.nuovopci.it/voce/voce10/otta2a.htm)). Per il
secondo rinvio all’articolo L’ottava discriminante - Il sesto grande apporto
del maoismo al patrimonio comunista (in La Voce n. 41 luglio 2012
pagg. 48-50,
(http://www.nuovopci.it/voce/voce41/ottavad.html)).
È impossibile evitare che la borghesia e il clero abbiano una
certa influenza ideologica nelle nostre file. Quindi la lotta tra le due linee è
indispensabile. Le divergenze sono un indizio prezioso: bisogna non cercare di
comporle a qualche modo, ma andarci a fondo fino a capirne la fonte.
È impossibile evitare che in ognuno di noi si facciano sentire
le abitudini e la morale correnti e ognuno di noi deve progredire. Per questo i
processi di CAT sono indispensabili. Secondo la concezione che guida il nPCI,
possono far parte del nPCI solo compagni che mettono nella loro vita il Partito
davanti a tutto: relazioni, affetti e doveri familiari, amicizie, aspirazioni
professionali e affini. Ogni compagno può sposarsi, far vita di coppia, avere
figli, coltivare relazioni e interessi, purché il Partito ne sia al corrente e
non abbia obiezioni. Ma ogni compagno deve impegnarsi ed essere disponibile ad
anteporre in ogni momento i compiti che il Partito gli assegna o derivanti dal
ruolo che svolge nel Partito, a doveri e compiti familiari e professionali. Il
membro del Partito è come un militare, che il Partito può in ogni momento
inviare in missione dovunque necessario e per un tempo indeterminato.
A sua volta il Partito, oltre a curare le formazione
ideologica, politica e pratica di ogni suo membro, è tenuto a tutelare e
favorire le relazioni e aspirazioni del singolo compagno nella misura più larga
compatibile con i compiti del Partito. I membri del Partito devono essere tra
loro solidali su tutti i piani, più di quanto lo fossero i membri delle migliori
famiglie di un tempo, ma sulla base della concezione comunista del mondo. Anche
per questo il Partito accetta come suoi membri solo compagni nei cui confronti
può assumere questa responsabilità di assoluta solidarietà. In un esercito che
vuole vincere ogni soldato deve essere convinto che i suoi compagni faranno il
massimo possibile per lui e i suoi familiari in ogni evenienza, anche in caso di
morte, infermità o prigionia, lontananza o esilio.
Manchette
Centralismo democratico
Nel Partito clandestino il centralismo democratico dipende
strettamente dalla capacità di ognuno dei membri di ogni organismo di stabilire
e mantenere clandestinamente un sistema di relazioni con ognuno degli altri
(riunioni, colloqui, rapporti, corrispondenza). Ogni membro di un organismo del
Partito deve poter effettivamente essere in relazione con gli altri e con il
dirigente e deve effettivamente usufruire di questa possibilità sistematicamente
e con iniziativa.
Il bilancio dell’esperienza del movimento comunista
internazionale e del nostro paese, la riflessione sulla composizione di classe e
sulla lotta di classe di questa fase e la nostra diretta esperienza ci hanno
convinto che questa è la concezione che deve guidare il Partito. Solo un Partito
di questo genere è capace di elaborare sul terreno della teoria quanto
necessario e di metterlo in pratica, superare i propri limiti, correggere i
propri errori e portare la classe operaia e le masse popolari a instaurare il
socialismo.
L’esperienza ha dimostrato e dimostra che senza centralismo
democratico, senza lotta tra le due linee e senza CAT il Partito comunista non è
all’altezza dei suoi compiti. Molti ci accuseranno di essere una setta: non è la
prima volta che ai comunisti viene mossa questa critica. Ma ciò che importa è
che il Partito sia all’altezza del proprio ruolo e dei suoi compiti. Questo
dobbiamo spiegarlo chiaramente ai movimentisti e agli spontaneisti che vogliono
essere e sinceramente si credono comunisti.
Sarà certamente una medicina amara da prendere, ma chi non la
prende, è meglio che resti fuori del Partito. Potrà prender parte egualmente
alla rivoluzione socialista. Il Partito è in grado, ideologicamente e
organizzativamente, di stabilire un rapporto fruttuoso che raccoglie e valorizza
tutto quello che il compagno è disposto a dare e ne sollecita e alimenta la
crescita.
La propaganda e la formazione sulla natura del Partito che
facciamo all’esterno sono molto importanti. Ma ancora più importante è oggi
condurre nelle nostre file una battaglia per far valere nel Partito queste
caratteristiche. Caratteristiche che a parole ogni membro ha accettato e
accetta. Per crescere di numero dobbiamo elevare il livello del nostro Partito.
Il consolidamento e rafforzamento del Partito richiede certo una energica opera
di propaganda e di formazione per reclutare nuovi membri, e in particolare
operai, nel Partito. Ma la chiave del nostro successo oggi sta nel lavoro che
dobbiamo compiere all’interno.
Negli ultimi mesi noi abbiamo ottenuto dei grandi risultati.
Ma i grandi risultati sono come una grande improvvisa ricchezza. Vivere come
prima non puoi: devi trovare una forma di vita adeguata alla nuova situazione,
altrimenti l’improvvisa grande fortuna diventa una rovina.
Quali sono i grandi risultati? Abbiamo rotto il cordone
sanitario che la sinistra borghese per conto della borghesia ha tenuto in piedi
per anni attorno al Partito, per isolarlo. Nuovi contatti, un nuovo interesse,
una nuova attenzione. Abbiamo rotto l’accerchiamento, ma il rifiuto del Partito
è nell’aria né ce ne liberemo facilmente. È legato alla presenza di un vasto
proletariato che non è passato e non passa attraverso la scuola dell’azienda
capitalista e a un vasto proletariato di dipendenti pubblici che non sono
direttamente sottomessi alle leggi del rapporto di lavoro salariato e agli alti
e bassi degli affari del capitalista. Il rifiuto del Partito è un obiettivo
perseguito accanitamente dalla borghesia imperialista e dal clero nell’ambito
del regime di controrivoluzione preventiva (primo pilastro), un obiettivo che si
esprime nel senso comune di cui è portatrice la sinistra borghese.
Il nostro successo non nasce dal nulla, non cade dal cielo. È
in larga misura frutto del lavoro accanito che abbiamo condotto negli ultimi
anni, ma anche di vicende generali della lotta di classe che non abbiamo
determinato noi. Da quando (alla fine del 2007) siamo entrati nella fase
acuta e terminale della seconda crisi generale del capitalismo, milioni di
persone hanno conosciuto per esperienza diretta che i vertici della RP e la
Comunità Internazionale non mettono fine alla crisi, anzi l’aggravano senza
fine. Milioni di membri delle masse popolari hanno conosciuto e imparato per
esperienza diretta che i promotori di rivendicazioni e di proteste non portano
da nessuna parte. Lo stanno imparando.
Quindi si sono aperte nuove grandi possibilità per il
consolidamento e il rafforzamento del Partito clandestino fatto di organismi che
sono clandestinamente in rapporto tra loro, organismi costituiti da individui
che sono e si tengono clandestinamente in rapporto tra loro, che lavorano
clandestinamente in modo collettivo, collegiale. Si sono aperte nuove grandi
possibilità per l’espansione del lavoro pubblico del Partito.
Ma la possibilità diventa realtà solo se gli individui e gli
organismi ci lavorano. Non lo diventa da sola.
Assimilazione della concezione del mondo, centralismo
democratico e dedizione alla causa: su questi tre punti oggi si svolge e si deve
svolgere la lotta tra le due linee nel Partito e la CAT dei singoli compagni. Se
vi dedicheremo l’attenzione e l’energia necessari, avanzeremo anche nel
reclutamento e la nostra opera volta a orientare le OO e OP crescerà
rigogliosamente.
Tonia N.