A
quattro anni dall’Ottobre 2004
Premessa
Queste note sul
bilancio a quattro anni dalla fondazione
del (n)PCI le stendiamo mentre la crisi generale del capitalismo è
entrata in
una fase acuta. In tutto il mondo i caporioni della classe dominante
sono
immersi in un’orgia di fusioni e acquisizioni, crolli e nuove colossali
fortune, nuovi centri di potere. Meditano nuovi affari e tramano nuove
aggressioni,
temono di essere aggrediti, si guardano tra loro diffidenti in
cagnesco,
nessuno si fida dell’altro, ognuno vuole avere per sé il danaro
pubblico dei
salvataggi. Un’ombra minacciosa di impoverimento e di guerra grava
sulle masse
popolari di tutto il mondo.
Manifesto Programma
del (nuovo)Partito comunista
italiano
pagine 316, 20 €
Edizioni
Rapporti Sociali, via
Tanaro 7 - 20128 Milano tel/fax
02.26.30.64.54 rapportisociali@libero.it
reperibile
anche in word e in pdf
sul sito http://lavoce-npci.samizdat.net
Il Manifesto
Programma espone la concezione del mondo che guida il (n)PCI, la
sua
strategia per fare dell’Italia un nuovo paese socialista, la sua linea
generale
nella prima fase della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata e
il suo
metodo di lavoro.
La concezione
comunista del mondo ci permette di vedere chiaramente la via d’uscita
dal
marasma attuale. Chi abbandona la concezione borghese o clericale del
mondo e
assimila la concezione comunista del mondo, è in grado di comprendere
chiaramente la natura dei vari aspetti attuali della società, degli
individui e
dell’ambiente, la loro origine, le loro connessioni, le loro
possibilità di
trasformazione. Grazie alla concezione comunista del mondo siamo in
grado di
definire la strada da seguire per dare un ordine a quello che esiste,
per
incominciare a trasformare e comporre un mondo superiore all’attuale,
servendoci di quanto l’umanità ha fin qui costruito e conquistato.
Sul sito è
disponibile anche la versione in lingua inglese del Manifesto
Programma.
Con esso passa a un livello superiore la campagna che conduciamo nel
movimento
comunista internazionale per affermare il maoismo come terza superiore
tappa
del pensiero comunista dopo il marxismo e il leninismo, guida per la
seconda
ondata della rivoluzione proletaria che instaurerà il socialismo nei
paesi
imperialisti.
Il MP risponde
alle tre domande che poniamo a ogni partito e organizzazione comunista.
1. Nei suoi poco
più che 150 anni di vita, il movimento comunista ha già svolto un ruolo
determinante nella storia dell’umanità: perché tuttavia non è ancora
riuscito a
instaurare il socialismo in alcun paese imperialista?
2. Negli ultimi 30 anni la borghesia sta eliminando una dopo l’altra le conquiste di civiltà e di benessere che gli operai e le masse popolari dei paesi imperialisti le avevano strappato durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, estende senza tregua il saccheggio e la guerra nei paesi oppressi e sta devastando il pianeta. La resistenza a questo corso delle cose si diffonde anche tra le masse popolari dei paesi imperialisti. Perché i comunisti hanno molta difficoltà ad assumere la direzione della resistenza e la rinascita del movimento comunista avanza molto lentamente?
3. Perché i primi paesi socialisti costruiti durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, il caso più esemplare è l’Unione Sovietica, dopo un primo periodo di successo e di fioritura, sono prima entrati in una fase di decadenza e poi sono crollati? Quali insegnamenti dà l’esperienza dei primi paesi socialisti?
Le autorità
della classe dominante e il clero
terrorizzano la popolazione per ridurla a una maggiore sottomissione.
La Corte
Pontificia e un governo di avventurieri e fascisti, prelati e
commedianti,
giullari e ballerine dispongono delle risorse e della sorte del nostro
paese
nel mare in tempesta del mondo e lo conducono di male in peggio in
campo
economico, morale, intellettuale e ambientale. Dalla borghesia e dal
clero
niente di buono può venire per le masse popolari.
Gli esponenti
della sinistra borghese, della sinistra
anticomunista, ivi compresi capi della sinistra sindacale e del
sindacalismo di
base, da individualisti quali sono, non sanno cosa fare. Le masse
popolari
ripongono ancora in loro della fiducia ed essi ne sono spaventati. La
loro reazione
al successo dello sciopero del 17 ottobre lo ha mostrato chiaramente.
La classe
operaia e le masse popolari invece possono sollevarsi essi stessi dal
pantano
in cui la borghesia e il clero li hanno condotti. La crisi è tale che
comunque
non è possibile continuare a vivere come siamo abituati: questo
predispone
molti ad arruolarsi con noi nel movimento comunista.
La
propaganda del socialismo diventa con più urgenza e maggiore valenza il
centro
di tutta la nostra opera di propaganda. Contemporaneamente dobbiamo
promuovere
organizzazione a tutti i livelli
La denuncia del
cattivo presente senza indicare
l’alternativa (non una qualsiasi, arbitraria, ma quella di cui il
presente
contiene i presupposti, il socialismo) e senza creare le condizioni per
cui le
masse lottino per realizzarla, alla lunga genera tra le masse popolari
paura,
cinismo, assuefazione, rassegnazione, individualismo, abbrutimento. Noi
comunisti conosciamo l’alternativa e le condizioni. Il vero ostacolo
alla
instaurazione immediata del socialismo nel nostro paese, in definitiva
consiste
nel fatto che gli operai avanzati non hanno ancora aderito al comunismo
e non
si sono ancora organizzati nel Partito. Quindi possiamo utilizzare e
valorizzare anche la denuncia che fanno altri.
Mentre
combattiamo la borghesia e il clero per
rovesciarli e instaurare il socialismo, possiamo costringerli a cedere
terreno
e a fare concessioni. Lotta per instaurare il socialismo e lotte
rivendicative
si combinano. Il Partito comunista ha un ruolo centrale in questo
processo, lo
deve promuovere e dirigere e, allo stesso tempo, la sua sorte dipende
da come
assolve a questa impresa. La situazione rivoluzionaria in sviluppo
produce in
abbondanza materiale per la costruzione del nuovo mondo, in particolare
reclute
e risorse per il consolidamento e il rafforzamento del Partito. La
nostra
capacità e la nostra disponibilità ad imparare a organizzare la
rivoluzione
viene posta alla prova della pratica.
Nell’arte
dell’organizzare la rivoluzione socialista,
diventa di gran lunga compito prioritario la costruzione del Partito e
la
formazione dei quadri e degli organismi. I comunisti non si formano
spontaneamente.
Li costruiamo a
partire dagli uomini che la società
attuale ha formato. In particolare li costruiamo dagli operai avanzati:
la loro
condizione e la loro esperienza nell’organizzare e mobilitare per le
rivendicazioni e per le proteste i loro compagni di lavoro e le altre
classi
delle masse popolari, li predispongono in modo particolare a svolgere
il
compito che spetta ai comunisti. La massa dei futuri comunisti li
formeremo
nella classe operaia.
In questa
situazione il primo e principale compito dei
comunisti è combattere il panico e il pessimismo e continuare il lavoro
che
abbiamo incominciato quattro anni fa: il consolidamento e rafforzamento
del
Partito, la rinascita del movimento comunista nel senso indicato in La
Voce
n. 28 pag. 2, la costruzione del Nuovo Potere, la Guerra Popolare
Rivoluzionaria di Lunga Durata per fare dell’Italia un nuovo paese
socialista e
contribuire così alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che
avanza in
tutto il mondo.
Questa via è
realistica, è l’unica. È possibile
percorrerla, ma richiede, principalmente a chi vuole diventare
comunista ma
anche agli operai e al resto delle masse popolari, uno sforzo quale non
hanno
mai compiuto in tutta la storia. Richiede di trasformarsi passo dopo
passo. Di
cessare di essere classe oppressa, classe che esegue, individui ognuno
dei
quali segue una delle vie che i capitalisti e il clero hanno
predisposto, una
delle vie che appartengono al loro ordinamento sociale. Di divenire
classe
dirigente della rivoluzione, protagonista della rivoluzione,
costruttrice di un
nuovo ordinamento sociale: una via che l’ordinamento sociale borghese e
la
concezione clericale escludono con forza.
Negli anni
passati il Partito ha posto solide basi per
essere all’altezza del ruolo che deve svolgere nell’impresa che gli
operai e il
resto delle masse popolari devono compiere.
La fase acuta
della crisi non ha sorpreso il Partito. Il Manifesto
Programma offre a ogni lavoratore avanzato la chiave per
comprendere cosa
sta avvenendo nel nostro paese e nel mondo, l’indicazione di cosa
ognuno deve
fare per ribaltare, tutti insieme organizzati, contro la borghesia e il
clero
l’immane tragedia che essi impongono alle masse popolari e per
orientarsi nel
lavoro da compiere.
Quanto a noi già
membri del Partito, dobbiamo
trasformarci ulteriormente, migliorare la nostra concezione del mondo e
il
nostro metodo di lavoro, sviluppare su scala più grande il nostro
lavoro nei
quattro fronti del Piano Generale di Lavoro, reclutare nuovi membri e
formare
nuovi Comitati di Partito clandestini.
1.
Sinergia tra lavoro interno e lavoro esterno
Un anno fa,
celebrando il terzo anniversario della fondazione
del (nuovo)Partito comunista italiano scrivevamo: “Col Manifesto
Programma
abbiamo regolato i conti con il passato, abbiamo tracciato a grandi
linee il
percorso che dobbiamo compiere e siamo finalmente pronti ad affrontare
la
nostra opera pratica. A questo punto il nostro problema principale
diventa
l’organizzazione e il metodo con cui organismi e singoli compagni
lavorano” (La
Voce n. 27 pag. 6).
Rafforzare la
struttura centrale clandestina del Partito,
costruire Comitati di Partito, migliorare il metodo di lavoro della
prima e dei
secondi: questo è il compito che ci ponevamo nel lavoro interno. Resta
ancora
oggi il nostro compito centrale.
Il lavoro
interno (il consolidamento e rafforzamento del
Partito: struttura centrale clandestina, numero e livello dei CdP
clandestini)
è il fattore decisivo per avanzare. Per rafforzare il Partito è
necessario
operare sinergicamente nei quattro fronti di lotta del PGL. Non basta
però
“fare” o “fare di più”, come dicono alcuni nostri compagni ancora
vicini al movimentismo.
Bisogna fare, ma con metodo migliore. In altre parole, bisogna
intensificare
certo le nostre operazioni tattiche, le nostre battaglie e le nostre
campagne
sui quattro fronti, ma principalmente renderle più funzionali alla
costruzione
del Partito e del Fronte. Questo significa: migliorare il funzionamento
clandestino del Partito a tutti i suoi livelli, elevare la nostra
concezione
del mondo e il nostro metodo di lavoro (cioè assimilare a un livello
superiore
il Materialismo Dialettico) e, su questa base, condurre operazioni
tattiche,
battaglie e campagne sui quattro fronti. Come agire, più concretamente?
L’ampliamento e
il miglioramento del nostro lavoro
esterno (sui quattro fronti del PGL), “implica che i membri del
Partito, della
Commissione Provvisoria e dei CdP, che lavorano in organizzazioni
pubbliche,
distinguano più nettamente il loro lavoro strettamente di Partito (CP e
CdP),
dal lavoro che compiono (come membri singoli, come CP o come CdP) nelle
organizzazioni pubbliche. Ogni membro del Partito, della CP e di ogni
CdP, deve
dedicare una parte del suo tempo e delle rispettive risorse ed energie
al
lavoro strettamente di Partito (funzionamento dell’organismo di
Partito,
rapporto con il Centro del Partito, formazione, lavoro istituzionale
dell’organismo
del Partito, distinto da quella parte del lavoro istituzionale che
l’organismo
del Partito svolge tramite e nelle organizzazioni pubbliche). Non
farlo,
significa avere di fatto rinnegato o rinnegare di fatto la settima
discriminante. Che sia anche solo il 10% del proprio lavoro, delle
proprie
risorse ed energie, ma deve essere nettamente distinto dal resto,
benché
influisca fortemente sul resto, decida del contenuto del resto e della
sua
efficacia storica. Il rafforzamento del rapporto con il Centro
(corrispondenza,
contributi alla stampa, note di lettura del MP, dei Comunicati e di La
Voce,
osservazioni e proposte, fornitura al Centro di informazioni, di
documentazione
e di risorse) è l’indice dell’adempimento di questa linea” (La Voce
n.
29 pag. 30).
Nella
rivoluzione socialista la spontaneità ha sempre un
campo d’azione ben più vasto dell’azione mirata e consapevole,
organizzata e
diretta. La spontaneità è manifestazione della contraddittorietà
intrinseca
dell’ordinamento sociale borghese. Si esprime in combattimenti condotti
in
ordine sparso e sostanzialmente alla cieca da una parte delle masse
popolari
contro un qualche organismo o settore della classe dominante, ma anche
tra
parti delle masse popolari, in movimenti che a volte si neutralizzano
tra loro
e che borghesi, preti, demagoghi e notabili a volte manipolano e
strumentalizzano. Ma si trasforma in un’armata efficace che costruisce
il nuovo
mondo se l’azione cosciente e centralizzata del Partito comunista sa
continuamente orientarla, inquadrarla, elevarla, assorbirla. Se ciò non
avviene
in modo soddisfacente, il limite non sta nella spontaneità e nei suoi
protagonisti. Sta nel Partito che non è ancora all’altezza del suo
ruolo. “Nel
lavoro di massa (sui quattro fronti), principale è l’orientamento
ideologico e
politico che dobbiamo portare a ogni livello, in modo differenziato,
facendo
analisi concreta di ogni situazione concreta (usando il Materialismo
Dialettico) e seguendo la linea di massa” (La Voce n. 29, pag.
31).
Il Partito, ogni
suo organismo e ogni suo membro deve
essere, in ogni ambito in cui svolge la sua opera, all’avanguardia per
l’orientamento che porta (la concezione del mondo, la linea che
propugna, il
metodo di lavoro), di esempio a tutti per lo stile di lavoro e la
dedizione alla
causa.
Per adempiere a
questi compiti, non occorre essere dei
geni. Dobbiamo solo imparare a fare l’analisi concreta della situazione
concreta. Fare sistematicamente il bilancio del lavoro svolto
nell’ottica della
Critica-Autocritica-Trasformazione (CAT), contrastando le resistenze al
“lavoro
a tavolino” (frutto della concezione da “servi che non devono pensare”
che ci
inculcano la borghesia e il clero) e la concezione burocratica che
porta a fare
bilanci schematici e superficiali, per “dovere d’ufficio” (e che spesso
più che
dei bilanci, sono dei resoconti: i fatti senza i loro aspetti
contraddittori,
le loro relazioni col contesto, la loro storia). Non limitarsi a dire
superficialmente “buono” o “cattivo”, ma imparare con uno sforzo mirato
e con
l’esercizio a distinguere e contrapporre gli aspetti positivi e gli
aspetti
negativi, a individuare e indicare come superare i limiti. Essere
disposti e
decisi a trasformarci, per diventare protagonisti più capaci e
coscienti del
processo che dobbiamo compiere. In altre parole, “andare a fondo”
nell’analisi
quando si fa un bilancio, mettendo al centro il contenuto, con
l’obiettivo di
verificare l’applicazione dei criteri e dei principi, elaborarne di
nuovi,
individuare le tendenze negative da superare e quelle positive su cui
far leva,
ricavare dal bilancio la linea per avanzare: un bilancio deve essere
sempre
funzionale all’elaborazione di una nuova e superiore (più concreta)
linea. In
definitiva, è alla luce dell’adempimento di questo compito che deve
essere valutato
un bilancio.
Cose che si
imparano a fare con lo sforzo individuale,
con il lavoro collettivo, con l’esperienza: facendole! Cose che il
Partito deve
sistematicamente insegnare a fare, elevando il lavoro di formazione dei
quadri
e dei membri!
2. I tratti
principali del lavoro svolto
Nell’anno
trascorso abbiamo fatto importanti passi avanti
in molti campi sia nel lavoro interno sia nel lavoro esterno.
2.1. Lavoro
interno
Nel lavoro
interno abbiamo rafforzato il Centro
clandestino (composizione, funzionamento, organizzazione, propaganda).
In
particolare il Manifesto Programma è oramai disponibile in
italiano a
stampa (per merito delle Edizioni Rapporti Sociali) e su Internet e in
inglese
su Internet. Il lavoro redazionale di La Voce è svolto da più
compagni e
incomincia ad essere meglio organizzato, pianificato e ripartito. Il
prossimo
passo in avanti da compiere consiste nel migliorare la sinergia tra i
redattori: definizione dei compiti e delle rubriche che ognuno di essi
deve
curare e un piano di formazione specifico per ogni redattore tracciato
in base
alla rubrica che deve curare. I Comunicati della CP orientano il lavoro
con
maggiore continuità, sono frutto di un lavoro più collettivo e sono
diffusi più
ampiamente. La Scuola per Quadri Superiori del Partito ha sviluppato a
un
livello superiore il suo lavoro. Gli organismi periferici e i Comitati
di
Partito sono collegati stabilmente e in modo clandestino con il Centro.
Tutti i
CdP sono sottoposti a uno sforzo e a direzione dal Centro perché
migliorino il
loro stile e il loro metodo di lavoro ancora artigianale e
spontaneista,
caratterizzato dalla confusione tra lavoro di Partito e lavoro
pubblico.
2.2. Lavoro
esterno
Il lavoro
esterno del Partito si sviluppa sui 4 fronti
indicati dal PGL (MP pag. 223-224).
Il Partito ha
raggiunto importanti risultati su ognuno
dei primi tre fronti del PGL. Le organizzazioni pubbliche in qualche
misura
influenzate dal Partito che lottano su ognuno di questi fronti, hanno
anch’esse
fatto importanti passi avanti.
Vediamo i
principali risultati e fissiamo anche per ogni
fronte i principali ostacoli che il Partito deve superare per
sviluppare
ulteriormente il suo lavoro.
2.2.1. Primo
fronte - resistenza alla repressione, lotta
contro la repressione e solidarietà (MP pag. 223)
I principali
risultati raggiunti: 1. miglioramento nella
conduzione di singole campagne, 2. avanzamento nella costruzione di
organizzazioni pubbliche modello, 3. progressi nella costituzione di un
fronte
unito contro la repressione (coordinamento di più organizzazioni
pubbliche), 4.
espansione dell’azione e delle relazioni internazionali, 5 vittoriosa
lotta
contro il procedimento giudiziario francese e contro l’OPG con la
superiore
definizione della linea del “processo di rottura”, della linea del
“lavoro su
due gambe”, del metodo con cui avvalersi dell’opera degli avvocati.
I principali
ostacoli che il Partito deve superare su
questo particolare fronte sono 1. una visione frammentaria, ancora poco
dialettica della repressione e della lotta contro la repressione, 2. il
carattere difensivo delle campagne e delle battaglie e il
legalitarismo, 3. la
mancanza di una impostazione della lotta contro la polizia politica
capace di
farla diventare un lavoro di massa.
La visione
frammentaria, ancora poco dialettica è dovuta
alla non adeguata comprensione della sinergia che lega tra loro
campagne,
battaglie e operazioni tattiche e tutte le attività (organizzative e di
propaganda) che svolgiamo su questo fronte (o che si potrebbero
svolgere o per
il cui inizio le attività che già svolgiamo creano alcuni presupposti).
Questo limite si
riversa
- nella
pianificazione dell’attività complessiva per lo sviluppo del fronte,
- nella
concezione e nel metodo con cui conduciamo le campagne o le varie
attività su
questo fronte – che quindi non vengono sempre lanciate e condotte in
funzione
di un piano di sviluppo del fronte.
Il limite
principale del Partito su questo fronte è la
tendenza a dar battaglie su questo o quell’aspetto senza dotarsi di un piano
di sviluppo complessivo del primo fronte. Per superare i tre
principali
ostacoli sopra indicati, il Partito deve elaborare un piano di sviluppo
complessivo del primo fronte, cioè un piano
- che
parta dal ruolo che la repressione ha nel regime di controrivoluzione
preventiva nel nostro paese e a livello dei paesi imperialisti della
NATO (MP
pagg. 46-56) e tenga conto dello sviluppo che sta avendo;
- che
distingua e combini (in base alle relazioni che effettivamente
intercorrono) la
repressione contro i comunisti e il movimento comunista, la repressione
contro
gli altri organismi e personaggi che sono centri promotori e
organizzatori
della resistenza delle masse popolari, la repressione contro le masse
popolari
autoctone e gli immigrati, la repressione a livello nazionale e la
repressione
a livello internazionale;
- che tenga
conto delle relazioni e sviluppi al massimo
la sinergia tra la lotta su questo fronte e la lotta sugli altri tre
fronti del
PGL.
Un piano
siffatto
-
indicherebbe obiettivi di medio e di lungo termine. In altre parole la
campagna
x o y deve essere funzionale al raggiungimento degli obiettivi a
medio/lungo
termine fissati nel piano di sviluppo complessivo del fronte. In base
ad essi
si valuterebbero anche i risultati di ogni singola campagna, che è una
parte
funzionale al tutto e non una cosa a sé stante;
-
permetterebbe di inquadrare ogni campagna e battaglia in un progetto di
più
lungo respiro e più complessivo;
-
permetterebbe di sviluppare i vari aspetti che devono caratterizzare
questo
fronte, secondo il principio “una cosa ne contiene una seconda, una
terza,
ecc.”.
L’impostazione
finora prevalente nel lavoro sul primo
fronte pecca ancora di spontaneismo, insegue le scadenze e gli
avvenimenti,
anziché 1. stabilire tra scadenze e avvenimenti un ordine di priorità,
tenendo
conto di quali più e meglio si prestano al raggiungimento degli
obiettivi del
Partito, 2. distribuire forze e interventi su ogni scadenza e
avvenimento nella
misura migliore per raggiungere gli obiettivi di medio e di lungo
periodo.
L’impostazione
attuale risente dei rimasugli della
concezione movimentista da FSRS: “non è possibile pianificare tutto”,
“il
movimento è tutto, il fine nulla”, ecc. In definitiva, non è ancora
adeguata
l’applicazione del MD come concezione del mondo, metodo di conoscenza e
metodo
d’azione.
2.2.2. Secondo
fronte - mobilitazione delle masse
popolari a intervenire nella lotta politica borghese (MP pag. 223)
I principali
risultati raggiunti: 1. elaborazione della
linea del Blocco Popolare e dei Comitati Popolari di Controllo, 2.
superiore
sperimentazione nelle elezioni della primavera ‘08, 3. rafforzamento
del lavoro
nei concentramenti di forze e inizio del lavoro a largo raggio a
partire da
essi, 4. rafforzamento del Partito dei CARC come
organizzazione-modello, 5.
sviluppo delle relazioni internazionali.
Nel secondo
fronte, nel lavoro tra le masse popolari
(costruzione delle liste di Blocco Popolare, dei comitati popolari di
controllo, dei comitati elettorali, ecc.), i limiti principali che
emergono
sono due “di sinistra”: il settarismo e il dogmatismo e due di destra:
l’economicismo e lo spontaneismo. Quattro deviazioni che si manifestano
in:
parlare di socialismo solo con quelli già convinti, non parlare di
socialismo
alle masse popolari, non aver fiducia nella nostra capacità di
trasformare e
nel fatto che il mondo si trasforma, mobilitare i simpatizzanti e
collaboratori
come manovalanza, non aver fiducia nelle masse popolari come creatrici
della
storia, promettere quello che non possiamo mantenere, mirare solo a
risultati
immediati, non passare dalla semina alla raccolta.
Nel lavoro verso
il campo nemico i limiti principali che
emergono sono due di destra: il legalitarismo e l’elettoralismo. In
definitiva
questi due limiti si possono sintetizzare nel “fare i buoni eletti” o
“fare i
buoni candidati”, volerci far accettare come persone perbene, accordare
fiducia
ai personaggi della sinistra borghese, basare il successo del nostro
lavoro
sulla loro onestà, non approfittare di ogni occasione favorevole per
attaccare,
ecc. – insomma non tenere l’iniziativa in mano.
I limiti
ideologici che abbiamo nel nostro intervento nel
campo nemico (legalitarismo ed elettoralismo) indeboliscono anche il
nostro
intervento sulle masse popolari e la loro irruzione nel teatrino. Più
scimmiottiamo la borghesia, meno mobilitiamo le masse popolari
(“l’originale
vale più della copia”); meno mobilitiamo le masse popolari, più siamo
alla
mercé della borghesia. Quindi i limiti ideologici che abbiamo nel
nostro
intervento nel campo nemico indeboliscono l’insieme del nostro lavoro
sul
secondo fronte e non permettono di fare scuola di comunismo.
Tutti questi
limiti (sia quelli inerenti al nostro lavoro
con le masse popolari, sia quelli inerenti al nostro intervento nel
campo
nemico) nascono da una non adeguata assimilazione del ruolo che il
secondo
fronte svolge nel PGL, da una concezione unilaterale che mette al
centro il
secondo fronte e non il PGL, che mette al centro la partecipazione alla
lotta
politica borghese e non la GPRdiLD.
Lo scontro di
vecchia data nella storia del nostro paese
tra astensionisti di principio (anarchici e bordighisti) ed
elettoralisti
(sostenitori della via parlamentare) non è ancora definitivamente
superato
nell’assunzione della strategia della GPRdiLD e del PGL. Si esprime in
deviazioni di segno contrario.
Bisogna però
chiedersi qual è l’anello della catena che
bisogna afferrare per far girare tutta la catena. I limiti che bisogna
innanzi
tutto affrontare per avanzare nel secondo fronte sono il legalitarismo
e
l’elettoralismo: solo lottando contro di essi si possono contrastare
efficacemente il settarismo, il dogmatismo, l’economicismo e lo
spontaneismo.
Perché?
Perché solo
mettendo al centro la lotta al legalitarismo
e all’elettoralismo si può arrivare ad una superiore assimilazione del
ruolo
del secondo fronte e dell’irruzione nel teatrino della politica
borghese nel
quadro del PGL e della GPRdiLD e, quindi, creare le condizioni per
trattare ad
un livello superiore anche il settarismo, il dogmatismo, l’economicismo
e lo spontaneismo.
Solo attraverso la lotta contro il legalitarismo e l’elettoralismo è
possibile
trasformarci e orientare la nostra attività in maniera tale da far
giocare a
fondo alle masse popolari il loro ruolo di “tallone d’Achille” del
regime di
controrivoluzione preventiva.
La lotta sul
secondo fronte merita un’attenzione
particolare (analoga a quella che dovremo riservare alla lotta sul
quarto
fronte). Con la lotta sul secondo fronte il Partito intacca il terzo
pilastro
del regime di controrivoluzione preventiva (MP pag. 51-52). È una
componente
irrinunciabile del nostro piano per accumulare forze rivoluzionarie
finché
siamo in un regime di controrivoluzione preventiva. E tale è il regime
in cui
noi siamo. La tesi sostenuta da Proletari Comunisti che il regime
attuale
sarebbe “nuovo fascismo” è inconsistente - neanche PC ha mai cercato di
dimostrarla, né ha tirato le conseguenze politiche che essa
comporterebbe se
corrispondesse alla realtà: si è accontentato di riecheggiare una tesi
di moda
tra una parte della sinistra borghese. In realtà avanza tale tesi
inconsistente
solo per contrapporsi alla nostra elaborazione sul regime di
controrivoluzione
preventiva e alla linea politica conseguente che ne abbiamo tratto.
Nel nostro paese
dopo la Resistenza, la partecipazione
delle masse popolari al teatrino della politica borghese, con ruolo
subordinato
alla borghesia e al clero, ha giocato un ruolo importante nella
disgregazione e
corruzione fino alla dissoluzione del movimento comunista cosciente e
organizzato e del partito comunista e nella sua trasformazione in
sinistra
borghese. Solo con le elezioni politiche del 2008 la sinistra borghese
è stata
eliminata dal Parlamento nazionale. Ma essa non solo è ancora presente
nei
governi regionali, nelle amministrazioni locali e nel Parlamento
europeo, ma
resta presente in modo camuffato anche nel teatrino della politica
nazionale.
Noi subiamo ancora, in una certa misura, tutto questo e non ce ne
serviamo per
attuare la nostra linea (“avanzare marciando su due gambe”).
Il Partito deve
scoprire come far giocare in modo più
efficace e d’attacco alle masse popolari il loro ruolo di “tallone
d’Achille”
del regime di controrivoluzione preventiva anche con l’irruzione nel
teatrino
della politica borghese. È un’impresa di grande importanza, ma anche
particolarmente difficile. Dobbiamo far fronte alla tendenza a imitare
in vario
modo la sinistra borghese, a porci come ala più a sinistra della
sinistra
borghese da una parte; dall’altra alla tendenza anarchica e
astensionista di
principio che la storia che abbiamo alle spalle ha particolarmente
rafforzato
in una parte importante e preziosa delle masse (tendenza che si esprime
nel
militarismo e nell’astensionismo di principio).
2.2.3. Terzo
fronte - mobilitazione delle masse popolari
nelle lotte rivendicative (MP pag. 224)
I principali
risultati raggiunti: 1. con la sua opera di
orientamento il Partito ha incominciato a influenzare la sinistra
sindacale
(nelle aziende) e il movimento di resistenza (fuori dalle aziende), 2.
la
costituzione di organizzazioni largamente influenzate dal Partito, 3.
l’avvio
di un intervento sistematico per il rinnovamento del movimento
sindacale, 4.
l’approfondirsi del contrasto tra la sinistra sindacale e la destra
sindacale,
la crescente mobilitazione della sinistra sindacale, l’avvio di un
processo di
coordinamento tra i vari spezzoni della sinistra sindacale.
Su questo fronte
più che sui primi due il Partito soffre
della mancanza di quadri e deve fare uno sforzo particolare per la loro
formazione.
A parte lo
sforzo per la formazione di quadri per il
lavoro sindacale e per il movimento di resistenza, gli ostacoli
maggiori che il
Partito deve affrontare su questo fronte sono la limitata comprensione
delle
potenzialità di rinnovamento del movimento sindacale e del legame tra
rinnovamento del movimento sindacale e movimento di resistenza,
l’economicismo,
il localismo e il provincialismo.
Questi limiti
nascono da un’errata comprensione della
dialettica Partito-terzo fronte, che a sua volta produce l’errata
comprensione
della sinergia tra fronti e della sinergia tra concentramento di forze
e lavoro
ad ampio raggio.
Nella pratica il
centro dell’attività viene individuato
nel sindacato, anziché vedere il terzo fronte, in tutta la sua
interezza
(movimento sindacale e movimento di resistenza), come una componente
del PGL
(una parte del tutto, legata organicamente e coerentemente al tutto) e
il
lavoro in esso svolto come una componente funzionale alla costruzione
del
Partito e all’accumulazione delle forze rivoluzionarie. Questa visione
unilaterale ed economicista porta anche a sviluppare la concorrenza e
l’antagonismo tra i fronti del PGL, anziché la sinergia. Allo stesso
tempo,
questa concezione porta a concepire il concentramento di forze come
l’unico
ambito della propria attività, anziché la base su cui far leva per
condurre il
lavoro ad ampio raggio nell’ottica del rinnovamento del movimento
sindacale e
del rafforzamento e allargamento del movimento di resistenza.
2.2.4. Quarto
fronte - mobilitazione delle masse popolari
nel campo culturale (MP pag. 224)
Quanto al quarto
fronte invece, esso è il fronte su cui
l’influenza del Partito è oggi meno organizzata, benché sia un fronte
su cui
pullulano le iniziative. Il primo passo che il Partito deve fare su
questo
fronte è l’impostazione di un intervento sistematico e organizzato,
facendo
valere a fondo la sinergia con gli altri tre fronti, realizzando delle
esperienze-tipo e ricavando criteri e principi da esperienze analoghe
condotte
oggi o nel passato dal movimento comunista.
Su questo fronte
riscontriamo più che su tutti gli altri
che oggi la questione della sinergia tra i fronti è uno dei colli di
bottiglia
per avanzare.
2.2.5. Relazioni
internazionali
Nell’anno
passato abbiamo inoltre finalmente dato un
ampio sviluppo alle relazioni internazionali del Partito.
I principali
risultati raggiunti: 1. l’avvio di un lavoro
sistematico di propaganda in lingua inglese con la creazione di un
ufficio
traduzione e corrispondenza, 2. la propaganda del Manifesto
Programma
con il Comunicato di Maggio e altre iniziative, 3. l’impostazione della
politica da fronte e della lotta al dogmatismo e all’economicismo per
affermare
il maoismo come terza e superiore tappa del pensiero comunista. 4. il
lancio
delle “tre domande” per il dibattito nel movimento comunista
internazionale, 5.
la presa di posizione a difesa di Sison (settembre ’07), 6. lo
schieramento a
sostegno della rivoluzione democratica nepalese.
Gli ostacoli
maggiori che dobbiamo affrontare su questo
fronte sono la debolezza dell’ufficio traduzione e corrispondenza e il
carattere ancora precario e non sistematico delle relazioni e delle
iniziative.
2.2.6.
Conclusioni
Il lavoro
del Partito sui 4 fronti, quindi
l’attuazione del PGL, risente negativamente
- dei
limiti del Partito nella direzione unitaria del lavoro sui 4 fronti del
PGL,
nella comprensione della distinzione e delle relazioni tra i vari
fronti e
della loro sinergia, della mancanza di una visione complessiva del
lavoro sui 4
fronti come aspetto della GPRdiLD,
- dei limiti
nella distinzione e combinazione tra lavoro di Partito e lavoro
pubblico,
lavoro degli organismi clandestini del Partito e lavoro nelle
organizzazioni
pubbliche generate e non generate.
La difficoltà a
vedere la sinergia tra i vari fronti,
porta ad operare da soli (come fronte), oppure ad operare insieme (ad
altri
fronti) ma non bene, oppure a sviluppare la concorrenza tra fronti e in
alcuni
casi anche l’antagonismo, la contrapposizione tra fronti.
Il problema di
fondo della sinergia tra fronti risiede
nella non adeguata assimilazione del PGL e della dialettica tra fronti
nel
quadro del PGL e del ruolo del lavoro inquadrato dal PGL nell’ambito
della
GPRdiLD.
La questione
della sinergia tra i fronti è uno dei colli
di bottiglia che dobbiamo rompere per avanzare.
3. Le
linee guida per avanzare
Dai successi
raggiunti e dai limiti che dobbiamo superare
su ognuno dei fronti del lavoro esterno, emerge che per avanzare
dobbiamo
rafforzare la direzione del Partito sul lavoro esterno. Per raggiungere
questo obiettivo
il Centro deve curare maggiormente la direzione complessiva e unitaria
del
lavoro sui quattro fronti del PGL e deve investirsi maggiormente nella
costruzione dei CdP e nell’elevamento della concezione che guida il
loro lavoro
e del loro metodo di lavoro. Ciò pone con rinnovata urgenza il compito
di
elevare in tutto il Partito, a partire dal Centro, l’assimilazione del
Materialismo Dialettico come metodo per conoscere la realtà e come
metodo per
trasformarla.
Più in
dettaglio, questo compito vuol dire introdurre in
ogni istanza ad un livello superiore
- la
progettazione del lavoro, la pianificazione del lavoro, il bilancio del
lavoro
fatto, per una progettazione e pianificazione superiori;
-
l’analisi concreta della situazione concreta, la pratica della
critica-autocritica-trasformazione (CAT), il dibattito franco e aperto
a ogni
livello e in ogni istanza;
- la
lotta contro il legalitarismo e per una maggiore unità teoria – pratica;
- la
sinergia: tra lavoro clandestino e legale, tra fronti, tra propaganda e
organizzazione, tra individuo e collettivo (concetto strettamente
legato alla
CAT), tra operazioni tattiche contro il nemico e operazioni tattiche
verso la
base rossa per accumulare forze, tra concentramento di forze e lavoro
ad ampio
raggio. Lo sviluppo della sinergia è intrinsecamente legato alla lotta
contro
la concorrenza e l’antagonismo (ad es. tra fronti, tra individuo e
collettivo,
ecc).
L’analisi
concreta della situazione concreta e la CAT
devono portare a rafforzare la lotta contro il legalitarismo e la lotta
per
l’affermazione della sinergia. Nella fase attuale questi due sono i
punti da
sviluppare per risolvere la contraddizione principale teoria e pratica,
per
usare il MD nella pratica.
4. La
contraddizione principale nel nostro Partito
Ultimata la
stesura del Manifesto Programma, la
contraddizione principale nel nostro Partito ora è quella tra teoria e
pratica.
Essa in questa fase si manifesta principalmente come contraddizione tra
lavoro
clandestino e lavoro legale. Per alcuni compagni la clandestinità è
solo una
scelta di campo, non è ancora la guida della pratica.
Per progredire,
ogni organismo e ogni compagno
- deve
sistematicamente tradurre ogni linea (o criterio) generale in linee
particolari
o in regole: questa linea generale o questo criterio generale, cosa
significa
per il lavoro di mia competenza, per il mio organismo, per il mio
settore di
lavoro?
- deve
concretizzare ogni linea particolare in una serie di operazioni
tattiche.
Senza questo
processo di direzione, dall’elaborazione
della linea alla sua esecuzione, l’attuazione della linea viene
lasciata alla
buona volontà, all’iniziativa spontanea. Si crea un campo in cui stagna
il
liberalismo e imperversa la separazione della teoria dalla pratica. La
Guerra
Popolare Rivoluzionaria e la clandestinità (che è un suo derivato e
strumento)
diventano vuoti articoli di fede, immagini sacre cui si rendono omaggi
rituali.
La separazione teoria-pratica è in un certo senso peggio che professare
una
teoria sbagliata, perché la teoria “giusta” camuffa l’errore che una
teoria
sbagliata metterebbe invece in luce. Ho volutamente messo giusta tra
virgolette, perché se la separazione tra teoria e pratica si protrae e
diventa
costume, alla lunga anche nel campo della teoria si svilupperanno
errori: senza
riscontro e prova nella pratica, la teoria diventa arbitraria, si crea
un
cortocircuito dalle idee alle idee. E da subito ai livelli inferiori la
teoria
non sarà che scarsamente assimilata, assimilata superficialmente,
ripetuta come
frasi fatte, non guida per l’azione.
Abbiamo fatto un
buon tratto di strada. La fase acuta in
cui è entrata la crisi del capitalismo conferma che la nostra analisi
del mondo
è giusta. Essa, con le lotte rivendicative e con la resistenza che
alimenta, ci
fornisce nuovi compagni da reclutare. Abbiamo tutte le premesse perché
nei
prossimi mesi il consolidamento e rafforzamento del Partito facciano un
passo
avanti.
Dipende solo da
noi, attuali membri del Partito. Al
lavoro compagni!
Nicola P.